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16 MARZO 1978. LA STRAGE DI VIA FANI E IL RAPIMENTO DI MORO
di
Alessandro Corsinovi
Nella foto sopra: un giovanissimo Alessandro Corsinovi, insieme a Moro in piazza Signoria, a Firenze, nel 1976 alla grande manifestazione nazionale dei Giovani Dc.
(*) Nel 1978 Corsinovi era Presidente Nazionale dei giovani democristiani e seguì da vicino insieme alll’allora gruppo dirigente nazionale della Dc, da piazza del Gesù, l’evolversi delle drammatiche vicende nei 55 giorni del rapimento Moro.
Era il 16 marzo 1978 : una decina di “comunisti combattenti” delle brigate rosse in Via Mario Fani a Roma fanno una strage. Bloccarono la macchina di Moro e quella della scorta e scatenano un inferno di proiettili micidiali e mortali. Furono trucidati tutti gli agenti della scorta e Aldo Moro venne rapito e sequestrato fino al 9 maggio 1978 quando il cadavere del presidente della Dc venne ritrovato in una Renault rossa, posteggiata in via Caetani, una strada situata nelle vicinanze della sede centrale della Dc (che era in Piazza del Gesù) e vicinissima al palazzo del Pci che si trovava in via delle Botteghe Oscure. L’immagine del cadavere di Moro raggomitolato nel bagagliaio della Renault R4 rossa in via Caetani rimane una delle scene più tragiche della storia italiana recente. Chi era presente quella mattina ricorda benissimo che si pensava che quell’auto potesse essere una “trappola esplosiva”. Aprire senza precauzioni il bagagliaio poteva rappresentare un pericolo. Tutta quella gente che si vede nella famosa fotografia, (uomini della polizia, carabinieri, guardia di finanza, funzionari e agenti in borghese, politici, semplici curiosi) stettero li per un sacco di tempo perché, prima di aprire il bagagliaio e tirare fuori il corpo di Moro, fu deciso di utilizzare un tronchese per “tagliare” la parte di lamiera nella quale era la maniglia centrale di apertura del portellone posteriore della Renualt e neutralizzare in questo modo un eventuale meccanismo di scoppio che avrebbe potuto far deflagrare un ordigno al momento dell’apertura. Fu una operazione che richiese del tempo. Furono un artificiere dei bersaglieri e un altro militare a fare la delicata operazione su ordine dei magistrati che erano presenti sul posto e del Ministro degli Interni Cossiga. “Chi come me era li vicino, rimase per un tempo che sembrava infinito ad aspettare o la deflagrazione di una bomba o la tragica conferma che lì dentro c’era davvero il corpo di Aldo Moro - racconta Alessandro Corsinovi che aggiunge: Per tutti questi anni e ancora oggi si continua a farneticare di presunti misteri del caso Moro. Si sono voluti accreditare “Misteri” anche sull’atto conclusivo della tragedia. Le: BR uccisero Moro nel covo di Via Montalcini alle sette del mattino e poi trasportarono il cadavere in via Caetani. Qualcuno ha cercato di interpretare i documenti sull’autopsia fatta sul cadavere di Aldo Moro, accreditando la teoria che era stato ucciso a non più di 50 metri da dove venne ritrovato, e che sopravvisse quasi 15 minuti alle raffiche di mitra. Teorie balzane non suffragate da alcuna prova ! Oggi con le tecniche e le strumentazioni di indagine di cui dispongono i famosi “Ris” sarebbe stato molto semplice appurare queste cose, ma all’epoca i metodi di analisi chimico-scientifica usati in medicina legale erano molto approssimativi. Sui vestiti di Moro e sui pneumatici dell’auto venne inoltre trovata sabbia. I brigatisti sostengono che si trattò di un espediente per confondere le acque. Non c’è motivo per non crederlo. La dietrologia ha insinuato mille dubbi anche su questa elementare verità. I giornalisti Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca sostengono nel loro libro “Il misterioso intermediario”, che Moro era a un passo dalla liberazione e che si sarebbe salvato grazie ad un’abile mediazione tra Viminale, Br e Vaticano. Secondo questa teoria sarebbe stato condotto, ancora vivo, in un palazzo del ghetto ebraico e stava per essere portato in Vaticano su un’auto con targa diplomatica. Ma all’ultimo momento all’interno delle Br qualcuno si rimangiò la parola data. Cossiga definì quel libro “bellissimo” ma non disse cosa pensava di questa improbabile e indimostrabile versione dei fatti. Non c’è bisogno di scomodare le memorie di Cossiga come se fossero “verità nascoste“. La storia la conoscono tutti, in particolare i dirigenti democristiani dell’epoca ancora viventi. Alcuni sono oggi in età abbastanza “avanzata”, ma la verità la conoscono anche quelli un pò più giovani, (come il sottoscritto).
All’epoca ero il Presidente nazionale del Movimento Giovanile Dc” racconta Alessandro Corsinovi - “e vissi da vicino i 55 giorni della tragedia. Devo ricordare a chi, dopo trentasette anni continua ancora a bestemmiare spudorate falsità, che buona parte della DC aveva deciso di dare “segnali” di disponibilità, non certo però per una “trattativa” che riconoscesse, (come invece volevano le Br) il loro ruolo di “controparte politica”, ma semplicemente per cercare di avere qualche speranza in più per far uscire Moro vivo da quella incredibile vicenda. In realtà noi zaccagniniani, i fanfaniani , i dorotei di Rumor, Piccoli e Bisaglia, una parte della sinistra di base, (tranne Cossiga) erano per cercare qualche forma di contatto con chi poteva almeno “parlare” con i rapitori di Moro. Nettamente contrari insieme a Cossiga erano invece gli andreottiani e la corrente di Forze Nuove di Donat Cattin, in linea con la posizione ufficiale del Partito Comunista Italiano. Andreotti era Presidente del Consiglio con l’avvallo anche del Pci ed era comprensibile che lui e Cossiga dovessero tenere di conto della posizione di intransigenza di quasi tutto il partito capeggiato da Berlinguer. Il giorno in cui ammazzarono Moro la Dc aveva convocato la Direzione Nazionale e rammento che si preannunciavano alcune importanti novità - dice Corsinovi. Molti dei protagonisti di quelle ore sono scomparsi (Zaccagnini, Cavina, Bartolomei, Piccoli, Fanfani, Donat Cattin, Misasi, Gaspari, Cossiga, Andreotti), altri ancora sulla breccia: Pisanu, Bodrato, Galloni, De Mita, Forlani, qualcosa di certo rammentano. Farebbero bene anche loro a parlare di quella vicenda altrimenti teorie e balle colossali di ogni tipo si sommeranno nel tempo alle dietrologie più disparate finendo per offuscare le verità vera, e cioè che Moro fu rapito, i suoi agenti di scorta furono massacrati e infine lui stesso fu trucidato dai “comunisti combattenti” delle Brigate Rosse, una delle formazioni armate marxiste più sanguinarie del terrorismo italiano ed europeo di tutti i tempi. Non c’è però un bel film o un libro importante che abbia messo in bella evidenza la “verità-vera” e molti hanno taciuto anche sulle risultanze dei processi. Si è preferito sceneggiare pezzi di quella storia lasciando aperti interrogativi che le risultanze processuali hanno invece chiuso. Troppe dietrologie e tante ipotesi anche astruse. Noi ci atteniamo ai risultati processuali e a quanto abbiamo visto e vissuto, direttamente da vicino, in quei giorni e in quegli anni. Per gli assassini comunisti combattenti delle Br (e per i loro compagni fiancheggiatori) abbiamo sempre nutrito il più profondo disprezzo, ieri e ancora oggi. Tutto il resto è dietrologia interessata a cancellare la memoria dei fatti e della storia di questo paese, della sua difficile crescita democratica e anche del grande ruolo e della funzione storica e politica della Democrazia Cristiana di cui Moro è stato il Presidente e il più grande martire.
Moro per noi “Vive” e vive nei nostri cuori la sua fede nella Libertà !
SI INVENTANO ANCORA NUOVE DIETROLOGIE: ORA BASTA DAVVERO !!
La storia del prete, don Antonello Mennini che sarebbe entrato nel covo delle Br per confessare Moro è una colossale bufala alimentata per anni ma definitivamente smentita dal diretto interessato ascoltato in audizione in parlamento nei giorni scorsi. Cosi come la storia della misteriosa e forse fantasiosa moto honda sulla quale per anni qualcuno ha ventilato l’ipotesi ci potessero essere due poliziotti o due agenti dei servizi segreti, con ciò vigliaccamente ipotizzando che settori dello Stato fossero d’accordo con i comunisti combattenti assassini delle Br. Una infamia pure quella. Pochi giorni fa abbiamo assistito alla ridicola verifica di nuovi approfondimenti e rilievi tecnologici per “ricostruire in modo virtuale” la “scena del crimine” in via Fani. Domenica 22 febbraio 2015, 37 anni dopo i fatti, la polizia scientifica ha effettuato rilievi minuziosi con apparecchiature di scansione laser, telemetri e altre diavolerie elettroniche sul luogo dove Aldo Moro, presidente nazionale della Democrazia Cristiana venne sequestrato il 16 marzo 1978. Questi rilievi sono stati decisi dalla nuova (ennesima) commissione d’inchiesta parlamentare sul rapimento e l’uccisione del presidente della Dc. Ora che non sanno più che pesci pigliare i romanzieri dell’assurdo hanno tirato fuori anche la storia dei nastri sequestrati nel covo delle Br, (cosa risaputa da 37 anni) che qualcuno della commissione parlamentare di inchiesta ha salutato come un “fatto nuovo e clamoroso”. Peccato che su quei nastri ci fossero solo canzonette di Guccini e dei cantautori alla moda in quegli anni. Dopo 37 anni si cercano ancora inesistenti misteri. Ora è venuto davvero il momento di dire Basta con queste dietrologie !!
Alessandro Corsinovi
Presidente della Associazione Centri Studi della Toscana
Del 16 marzo 2015 e del 30 Agosto 2017
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