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VITTIME ILLUSTRI DEL CORONAVIRUS: IL CAPITALISMO FINANZIARIO
Le opinioni eretiche
di
Michele Rallo
Il Coronavirus – scriveva Vito Manca nell’editoriale di qualche settimana fa – sta probabilmente facendo ció che il comunismo non é riuscito a fare, cioé abbattere il sistema capitalistico. Voglio partire da questa riflessione, non senza – peró – avere fatto un doveroso distinguo: quello di oggi non é un capitalismo “normale” – diciamo cosí – basato sulla tutela della proprietá (e quindi anche del reddito) e sull’impiego del capitale privato nell’impresa produttiva. Quello di oggi é, invece, un capitalismo del tutto nuovo e assolutamente degenerato, basato sulla creazione dal nulla delle risorse finanziarie da parte di soggetti privati, e sull’utilizzo di quelle risorse per condizionare – provocando un abnorme “debito pubblico” – le scelte degli Stati ex-sovrani. É il cosiddetto “capitalismo finanziario”, quello che Dugin chiama “finanziarismo”.
La differenza non é di poco conto, perché il normale capitalismo produttivo é vittima del capitalismo finanziario, cosí come vittime sono tutti i ceti economici e tutte le classi sociali, dal proletariato all’alta borghesia, tutti coinvolti e accomunati nel medesimo disegno di annientamento delle societá nazionali ad opera dello strozzinaggio dei cosiddetti “mercati”.
Oggi non esiste più la lotta di classe come la concepiva Marx nell’Ottocento; lotta di classe che, peraltro, già nel Novecento aveva mostrato la corda. Non ha più senso immaginare scenari da albori della società industriale (poveri contro ricchi, proletari contro capitalisti, operai contro “padroni”, eccetera), perché ricchi e poveri sono egualmente vittime – con le debite differenze – del medesimo attacco mosso alla società dallo strozzinaggio internazionale.
Certo, alcuni Pierini-imprenditori hanno per qualche tempo creduto che i loro interessi coincidessero con quelli dei “mercati”. Cosí come alcuni arrabbiati dei ceti meno abbienti si sono fatti irretire dal rancore sociale contro chi stava meglio. Ma oggi, quando la crisi sanitaria ed economica generata dal Coronavirus ha richiamato tutti alla concretezza, le ubriacature del “politicamente corretto” stanno a poco a poco cedendo il passo ad un realismo ineludibile: ricchi e poveri capiscono di essere stati tutti vittime di un medesimo carnefice, l’alta finanza internazionale, cui gli Stati hanno ceduto il diritto di battere moneta. Moneta che la stessa alta finanza privata (banche “centrali” comprese) ha poi concesso in prestito agli Stati medesimi, generando così il meccanismo perverso di un “debito pubblico” crescente e dei cospicui interessi da corrispondere allo strozzinaggio internazionale.
Né le cose finivano lì, perché la medesima mafia del “politicamente corretto” imponeva agli Stati le regole cui attenersi per poter accedere ai prestiti usurai: dare di fatto la precedenza al pagamento degli interessi (“riduzione del debito pubblico”) rispetto ai più elementari doveri degli Stati stessi verso i propri cittadini. É questo il meccanismo che ha prodotto una fiscalità predatoria ed un vero e proprio massacro sociale: la torchiatura oltre ogni limite dei contribuenti e, al tempo stesso, la riduzione fino all’inverosimile della “spesa pubblica improduttiva”, alla ricerca affannosa di denaro fresco da versare alla finanza privata per pagare gli interessi sul debito; debito che restava comunque, essendo divenuto di fatto inestinguibile.
Fino a qualche tempo fa questo meccanismo truffaldino è stato bene o male tollerato da una pubblica opinione che era stata convinta subliminalmente della necessità di accettare i “sacrifici necessari”. E questi sacrifici, bugiardamente definiti “necessari”, hanno portato in pochi decenni allo smantellamento del nostro Stato sociale, ivi compreso un Servizio Sanitario Nazionale ridotto all’osso: ospedali chiusi, reparti delocalizzati, attrezzature e scorte evaporate, personale falcidiato e depauperato.
Adesso il Coronavirus ha fatto saltare questo meccanismo. Tutti, anche i più ottusi servitori della globalizzazione e dell’Unione Europea, si sono resi conto che le “regole” imposte dal capitalismo finanziario sono sbagliate, sbagliatissime, inaccettabili per una società civile. Gli Stati hanno bisogno di servizi sanitari in grado di affrontare le emergenze, anche quelle di una pandemia. Così come gli Stati hanno bisogno di forze di polizia in grado, anche numericamente, di fare rispettare gli ordini dell’autorità costituita. Così come hanno bisogno di poter far fronte ai propri doveri istituzionali nei diversi àmbiti (difesa, giustizia, previdenza, istruzione, trasporti, infrastrutture). Così come – ultimo non ultimo – hanno bisogno della liquidità occorrente a rifòndere tutti i propri amministrati dei danni subìti per eventi eccezionali, siano essi epidemie o disastri naturali o altro.
L’essersi resi conto di questa ovvietà è già un primo passo. Il capitalismo finanziario – almeno quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi – è ormai moribondo.
Dunque, più debito pubblico e meno tasse, più debito pubblico e meno macelleria sociale per uscire dalla crisi. Lo hanno capito da sempre i giapponesi, la cui solidissima economia si accompagna ad un debito pubblico pari al 250% del PIL. E adesso lo ha capito (speriamo) anche un uomo dell’alta finanza come Mario Draghi.
Ma, attenzione. Più debito e meno rigore è solamente il primo passo per sconfiggere definitivamente il finanziarismo. Se non dovesse cambiare null’altro e se gli Stati dovessero soltanto indebitarsi maggiormente nei confronti dei mercati, il capitalismo finanziario potrebbe sopravvivere facilmente a questa crisi epocale. Potrebbe limitarsi a creare dal nulla altro danaro ed a prestarlo agli Stati, che così resterebbero sempre in balìa dello strozzinaggio.
La fine del capitalismo finanziario (e della globalizzazione economica) si potrà avere soltanto con un passaggio successivo: quando ci si renderà finalmente conto che il diritto di creare il danaro deve tornare agli Stati ed essere tolto alle banche private. «Il privilegio di creare ed emettere moneta – diceva Abramo Lincoln – non è solo la suprema prerogativa del Governo, ma è anche la sua più grande opportunità creativa. Con l’adozione di questo principio, ai contribuenti saranno risparmiate enormi quantità di interessi. Il denaro cesserà di essere il padrone e diventerà il servitore dell’umanità.»
Del 10 Aprile 2020
Allegato Pdf
RALLO - Capitalismo finanziario (362).pdf
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